La musica nei dipinti di John Sutherland, sinestie danzanti
Energia e dionisismo: ritmo è vita. Tentare di descrivere la “musica” così come si presenta – esteriorizzata dopo l’interiore metabolizzazione intellettuale-artistica – nell’opera e più in generale, direi, nel “pensiero creativo” di John Sutherland significa, nei fatti, cimentarsi nella non facile operazione di connettersi simpateticamente con un’“arte”, potremmo ad un primo acchito dire con espressione solo parzialmente veridica, che “descrive” un’altra “arte”.
Ossia, con un’arte pittorica (nelle forme peculiari e originali di un Sutherland) che “descrive” (ma il termine è inesatto e va virgolettato) l’arte musicale. Siamo, cioè, analiticamente dinanzi ad un singolare intreccio di “arti”, o – meglio – ad un’“arte” che si fa portavoce e cassa di risonanza di un’altra forma della medesima Arte di cui si sostanzia ogni espressione artistica che dell’Arte in senso assoluto non è che una delle visibili, “tangibili” e concrete “latu sensu” manifestazioni nell’immanente e nel divenire storico (cioè, l’Arte – come idea sovrastorica, quasi platonica – diviene Storia, è ovvio, nel momento in cui produce se stessa in forme esteriormente (e interiormente) “reali” – nel senso di una loro realtà storica e di una loro, seppur lata, “obiettività” di “oggetti” artistici). In altri termini, il postulato iniziale da cui si è partiti (e che poteva essere un approccio, per quanto semplificante, conforme alla “communis opinio”, e in quanto tale è stato adoperato) secondo cui confrontarsi con la “musica” nell’opera di John Sutherland significa confrontarsi con un’“arte” che “descrive” un’altra “arte”, è già ad una prima analisi in parte smentita, nel senso che in termini più esatti e più aderenti alla verità artistica dell’operazione sutherlandiana si può – e a ben ragione – ritenere e dire che quella di Sutherland è un’Arte che canta irrimediabilmente e costantemente se stessa, senza per questo divenire autoreferenziale, e non un’altra Arte, lì dove l’Arte (che è tale in quanto unica) – dalle molteplici espressioni in cui nell’immanente si realizza – ritorna, attraverso un’affascinante “reductio ad unum”, al cuore vibrante della sua essenziale unicità. Ciò che si intende dire è che l’universo musicale nell’espressione sutherlandiana non è un’alterità rispetto all’espressione sutherlandiana stessa (che è tecnicamente, ma solo tecnicamente, esclusivamente pittorica), bensì è sinesticamente unita e incorporata alla manifestazione artistica del Sutherland non in quanto semplicisticamente la pittura “diviene” musica o viceversa, ma più profondamente in quanto la pittura “è” musica (così com’è vera l’equazione inversa e complementare) in un pensiero – si parlava di “pensiero creativo” – di un artista per il quale, credo, l’Arte è una e totale, manifestabile e manifestatasi storicamente in innumerevoli “forme” immanenti, ma sempre “eguale” a se stessa nel senso di un’essenza di fondo non quantificabile e finanche, forse, non esprimibile, ma che pur tuttavia esiste come nucleo di base di ciò che si identifica – una volta obiettivata – come Arte. La vitalità e l’esplosività della “musica” vista da e in Sutherland sono mirabilmente espresse – estrinsecatesi nel livello evidente di un capolavoro – in un’opera come “Jazz band” (acrilico su tela, cm.220 x 175), in cui su uno sfondo di assoluto biancore si stagliano nere, furiose e incandescenti, le “vibrazioni” musicali, le tonalità e le armonie che agitano un ritmo fecondo e per l’appunto vitale, nel senso che non puoi che vedere nel parossistico slancio generale che la tela comunica con fresca vivacità una sorta di “vibrante” e musicale inno all’esistenza, quasi che poi l’Arte (che è, al contempo e senza fratture, Pittura e Musica) non è che la Vita stessa che felice si autoproduce, come nota (musicale) sgorgante da nota, ritmo che nasce da ritmo, in una “danza” dionisiaca e tribale, raffinata e jazzistica, accesa e sognante. È ancora il “ritmo” vitale che segretamente (a livello biologico e spirituale) ci pervade ad essere protagonista assoluto del superbo “Valzer” (acrilico su carta bristol, cm. 70 x 100), in cui si fanno visibili, come metafora di un’Armonia superiore e universale, le movenze leggiadre di una coppia danzante appena accennata e abbozzata (e l’accenno lieve – dotato peraltro di una sua “descrittività” particolare e suggestiva – è tipico di Sutherland e della sua logica del “non-finito”, che già Michelangelo talora adoperò con accenti post-moderni “ante litteram” e che naturalmente il fondatore del Neogestualismo Esistenziale applica in piena armonia con i suoi principi gestuali per cui il non-finito è in realtà la forma “finita” di un complicato processo psicologico-fattuale). La “musica” sutherlandiana talora ha, peraltro, accenti anche tristi, malinconici, finanche “elegiaci”, lì dove, ad esempio, in una tela non-gestuale come “Pianoforte spento” (acrilico su tela, cm. 70 x 100), la cui atmosfera è peraltro replicata, seppure in chiave diversa, nei “Ricordi del pianista” (acrilico su carta bristol, cm.70 x 100), si allude – con una geometria commovente e dai riflessi efficacemente verdastri a rendere con perfetta maestria cromatica una sensazione dell’anima – ai vecchi pianoforti delle case antiche che, abbandonati, “giacciono” quasi con vita autonoma e solitaria a ricordare la desolazione montaliana di “ossi di seppia”, che è poi l’equivalente letterario della speculazione filosofica heideggeriana circa il nostro Essere-Gettati-nel-Mondo, esattamente come “cose” gettate via e prive di una loro direzionalità, esattamente come quei montaliani ossi di seppia che nel linguaggio sutherlandiano diventano i tasti non sfiorati da mano alcuna di un pianoforte non più utilizzato e che nella sua antropomorfizzazione si fa chiaro referente simbolico della devastazione che il tempo compie sull’uomo e sulle cose (si pensi, tra le innumerevoli espressioni letterarie al proposito, allo struggente II capitolo di “Gita al faro” della Woolf). In generale, però, è innegabile la fresca vitalità e la vena ottimistica dell’auscultazione e della resa sutherlandiana dell’universo musicale, evidenti nella scanzonata e ottima tela dedicata alla Nannini (“Teen Ager: per Gianna Nannini”, acrilico su tela, cm.50 x 70), assimilabile per l’espressione limpida e naturale al riuscito “Paperino rock” (acrilico su tela, cm. 70 x 100). Non mancano, peraltro, in questo quadro così vasto e multiforme perfette espressioni non-gestuali, ma nondimeno genuinamente post-moderne, come fantasiosi pentagrammi (si veda “Pentagramma oscillante”, tecnica mista su carta, cm.42 x 30) che curvati e tracimanti compiono quasi acrobazie danzanti e mirabolanti equilibrismi in un’esplosiva armonia, a rendere il senso della Vita/Musica, così ben espressa anche in “Musica Dodecafonica” (tecnica mista su carta, cm. 42 x 30) che è omaggio alla rivoluzione musicale – teorizzata da Schönberg – dell’“emancipazione della dissonanza” e della crisi definitiva del sistema tonale. Musica/Vita che rinnova se stessa e parla e vive di sé, l’universo musicale di e in Sutherland è pertanto sfrenato e slanciato dinamismo, vivace danza esistenziale ed apotropaica, senso ultimo di un movimento universale e armonico (si pensi alla riflessione pitagorica sulla connessione musica/astri), traboccante fonte d’energica fecondità, celebrazione bacchica dell’apoteosi vitale. Ma anche elegiaca mozione degli affetti, riflessione sul ritmo vitale che è nei fatti traumatico tempo trascorrente. In ogni caso, danzante e musicale alchimia segreta e vigorosa. Degli elementi cosmici. Sullo stesso tema vedi anche: “Suoni della città” (tecnica mista su carta, cm.70 x 50) “Il cantante rock”(china su carta,cm. 21 x 30); “Silvano jazz”(acrilico su tela, cm. 70 x 100); “Il suonatore di violoncello” (china su carta, cm. 21 x 30); “Passo di danza” (china su carta, cm.22 x 28); “Trionfo alla Scala” (acrilico su carta bristol; cm.70 x 100); “La musica del diavolo” (acrilico su carta bristol, cm.100 x 70); “Orchestra in giardino”(pennarello su cartoncino, cm.50 x 35); “Danza sul mare” (acrilico e pennarello su cartoncino, cm.50 x 35); “Orchestra in giardino con girasoli” (tecnica mista su carta, cm.42 x 30); “Il gallo canterino” (china su cartoncino, cm.30 x 21); “Suonatore di tromba” (china su cartoncino, cm.21 x 30); “Suonatore di tromba, 1” (china su cartoncino, cm.21 x 30); “Note musicali” (pennarello su cartone”,cm.23 x 32); “Suonatore di tromba,2”(acrilico su carta bristol,cm.100 x 70). (Massimo Colella, quotidiano “Il Golfo”del 22 ottobre 2009,pag.8 inserto Arte)
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