Napoli: Dai Caffè della bella Époque al Caffè del Professore
Senza esagerazione si può affermare che parte della storia di Napoli nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento sia stata decisa ai tavolini dei numerosi caffe napoletani. Dallo sviluppo delle lettere, della poesia, della pittura, della musica, a gran parte degli avvenimenti storici fondamentali per la città, sono stati partoriti tra un gelato ed una classica tazzina di caffè. Partendo da Giacomo Leopardi, che durante il suo soggiorno napoletano, si recava quotidianamente presso la prima bottega di Vito Pinto, cercando l’ispirazione sorbendo un sorbetto, di cui era goloso, alle più belle canzoni napoletane o celebri romanzi, come La cieca di Sorrento di Mastriani, elaborati nell’accogliente atmosfera delle sale dei Caffè di Toledo.
Al “Gambrinus” Gabriele D’annunzio scrisse i versi di “A Vucchella” per una scommessa con il Poeta Ferdinando Russo e potremmo continuare a lungo. A partire dal Settecento le sale dei principali caffè napoletani sono state non solo luogo di distrazione, ma spessonuclei di diffusione della cultura e di iniziative politiche, fungendo da base operativa per rivoluzionari e patrioti, provenienti da tutta l’Italia meridionale. Già negli ultimi decenni del Settecento in tutte le principali strade della città si aprirono caffè dove si poteva consumare seduti, la famosa “tazzulella” obbligatoriamente con le tre “c” di “come cazzo coce”. Nella prima meta dell’Ottocento divennero numerose soprattutto lungo Via Toledo, di queste botteghe se ne contavano oltre trenta, da quelle più In, frequentate dalla nobiltà e dalla ricca borghesia, a quelle popolari, dove perdigiorno trascorrevano piacevolmente alcune ore. Anche senella zona del porto, ove si svolgevano le principali attività commerciali, si aprirono numerosi Caffè, che in questi anno cominciarono a trasformarsiin veri e propri cenacoli letterari, nei quali si davano appuntamento artisti e scrittori. Vito pinto fondò la prima bottega del Caffè e la sua specialità fu un sorbetto dal gusto squisito, che univa il sapore della cassata a quello delle raffinate creme pasticciere francesi. I suoi gelati erano talmente buoni che i Borbone gli assegnarono il titolo di Barone e tra i suoi avventori vi era ogni giorno Giacomo Leopardi in compagnia di Antonio Ranieri, dopo aver degustato più di una ghiottoneria al Caffè Trinacria, anch’esso situato lungo Via Toledo e dotato di salottini arredati con divani rossi e le pareti adorne di specchi. Luogo di incontro della Napoli bene era un habitué anche Alexandre Dumas. Un altro celebre locale nella zona del Porto era il Caffè delle Quattro stagioni, ritrovo abituale di Bohemien di idee liberali: Pittori, Scrittori, Epigrammisti tra cui Francesco Proto, Duca di Maddoloni e Rafael Petra, marchese di Caccavone, i quali, a colpi di penna si sfidarono per anni con chiare allusioni alle rispettive prestazioni sessuali. Quella dello svizzero Luigi Caflischié l’epopea di “un self made man”, il quale partendo da zero divenne proprietario di Caffè e pasticcerie in tutta Italia , per poi concentrare la sua attività a Napoli, che costituiva la piazza più ambita e lo è ancora oggi dopo 200 anni, dopo aver resistito a cambiamenti politici e crisi economiche, rappresentando un nucleo consistente della storia della città. Il caffè d’Europa , di proprietà dei coniugi Thevenin sito in piazza San Ferdinando, riuscì a raggiungere in pochi anni, a partir dal 1845 il fior fioredell’Intellighenzia napoletana, grazie all’abilità dei suoi camerieri rispettosi della regola “ il cliente ha sempre ragione” ed alla bellissima Madame Thevenin, dagli occhi ammalianti in grado con un sorriso di stregare gli avventori, che rimanevano attaccati ai tavolini come ostriche allo scoglio. Tra gli assidui delle eleganti sale dorate una combriccola di artisti: Caprile, Migliaro, Altamura, Nitti, Cortese, Mancini, Pratella, Dal Bono e tanti altri. Spesso si tenevano banchetti luculliani, memorabile fu quello offerto da Schilizzi a Luigi Capuano in occasione della prima Giacinta al Sannazaro.Altre botteghe degne di essere ricordate sono: il Caffe del Commercio sito alle spalle del teatro Mercadante, frequentato da personaggi come Eduardo Scarpetta e Francesco Mastriani e dove per oltre un anno al pianoforte suonò Pietro Mascagni, oppure il Caffè Croce di Savoia, all’altezza dell’attuale Piazza Augusteo, conosciuto come “Giorno e Notte” perché non chiudeva mai e veniva adoperato anche da viaggiatori che non avendo trovato alloggio, si arrangiavano su un divano come lo stesso proprietario, che pare non avesse casa e viveva nel locale. Sempre pronto ad aiutare, il fedele cameriere all’arrivo di comitive di dame e gentiluomini, di ritorno da uno spettacolo o da un banchetto. Citiamo brevemente il Caffè Aceniello in Via Foria, che fungeva da ufficio per Mastriani, il quale vi compose romanzi ed articoli, il Caffè Diodati di Piazza Dante, dove si svolgevano periodicamente i primi festival della canzone napoletana con in giuria personaggi del calibro di Salvatore di Giacomo e Ferdinando Russo e tra i motivi vincitori “O ricciulillo” e “O carcerato”. In occasione della Piedigrotta il proprietario creava tra i tavoliniall’aperto uno spazio per i mastodontici carri della sfilata. Vi era poi, in via dell’Incoronata l’”Envecible”Bar frequentato quasi unicamente da forestieri, che godevano della musica di uno dei primi Caffè concerto napoletani. Un altro classico caffè concerto sorgeva nell’attuale Piazza Municipio, dove si poteva gustare anche un’ottima birra. Era un locale affollato nelle ore notturne, quando arrivavano gli spettatori del San Carlo. A poche centinaia di metri si trovava un altro punto di raccolta della borghesia gaudente, ma anche di compositori. Ai suoi tavoli, tra un caffè ed una birra, sono nate “O sole mio”, “Marechiaro”, ”luna nuova” e tante altre celebri canzoni. Ed arriviamo al “Gambrinus”, ancora esistente, fondato nel 1860 e che subito fece concorrenza a tutti gli altri Caffè, anche per il prestigio di “Fornitore della Real Casa”. Tra i Caffè concerto ed i cenacoli letterari, il “Gambrinus”spopolò enelle sue eleganti sale si concentròtutto il bel mondo napoletano: Nobili, illustri professionisti, Artisti, Poeti e Musicisti, che ammiravano estasiati gli stupendi quadri che adornavano le pareti. Il principe di Sirignano acquistò l’ultimo piano del palazzo e fondònel 1888 il Circolo artistico politecnico, ancora esistente e che a lungo ha ospitato l’Accademia napoletana degli scacchi, grazie all’opera di Giorgio Porreca. Ai tavolini del Gambrinus Gabriele Dannunzio ha composto la celebre canzone “Vucchella.” Per quanto frequentato da molti gerarchi, tra cui il mitico Aurelio Padovani, il “Gambrinus” era un noto covo di anti fascisti, per cui nel 1938 venne chiuso per ordine del Prefetto, anche perché la moglie, che abitava nei pressi era disturbata dal frastuono degli avventori e dalle melodie dell’orchestrina. Dopo la chiusura i locali vennero occupati da un’agenzia del Banco di Napoli. Il “Gambrinus”riaprì nel 1952 e solo da pochi anni ha potuto riacquistare completamente i suoi sfarzosi saloni. Ed arriviamo all’epoca del Caffè Chantant. Il primo, poco dopo l’inaugurazione della Galleria Umberto, fu il “Calzona”, dove per la prima volta si esibirono le “Girls” a mezzanotte del 31 dicembre 1899, 12 bellissime fanciulle con un costume osé, salutarono in un frenetico balletto il vecchio secolo ed inaugurarono il Novecento. Avendo dedicato un apposito capitolo all’Epopea del Caffè Chantant ed al mitico Salone Margherita non torneremo sull’argomento, ma ricorderemo un locale unico ”L’eldorado Lucia”, sito al Borgo marinari a ridosso del Castel dell’Ovo, il quale da giugno a settembre, oltre che un teatro all’aperto, era anche uno stabilimento balneare e termale con acque miracolose, punto d’incontro preferito dei “Viveurs” napoletani, che si godevano gli ultimi scampoli della Belle Époque. Trovandoci in ambiente balneare non possiamo non citare il primo caffè letterario della vicina Capri: il Morgano, punto di incontro di un élite internazionale, che si recava nell’isola di Tiberio in una sorta di pellegrinaggiospirituale e molti ammaliati dal suo fascino, si fermavano per viverci. Solo qualche locale di Parigipoteva gareggiare col Morgano per il livello della sua clientela, da Oscar Wilde a Edwin Cerio, da Kruppa a Fersen, da Munthe a Gorki, senza considerare d’Annunzio, Malaparte, Moravia,Steinbeck e tanti altri illustri intellettuali. Siamo alla fine del nostro lungo viaggio nella patria del caffè, ma prima di parlare del mitico locale denominato del “Professore”, sito in Piazza San Ferdinando, nel frattempo divenuta, Trieste e Trento, dove si possono gustare l’espresso brasiliano ed il famoso caffè nocciolato, è doveroso ricordare un altro grande locale sorto in via Toledo negli anni Cinquanta: Il caffè Motta, luogo di ritrovo non più di intellettuali, ma degli impiegati dei numerosi uffici situati nei paraggi, dal Comune all’Enel, dal Banco di Napoli alla Commerciale. Achille della Ragione
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