Ischia: Turismo sociale ? Si, Grazie !
La vocazione turistica della nostra area geografica è tra quei pochi concetti in grado di mettere d’accordo tutti. Una volta data per buona questa premessa fondamentale, è importante però considerare quanto il turismo sia un fenomeno estremamente ampio e complesso, capace di inglobare qualsiasi aspetto della vita sociale e quindi qualsiasi ambito professionale.
Al turismo contribuiamo tutti, anche se siamo portati a pensare istintivamente e unicamente alle strutture ricettive, ai tour operator ed ai vettori, che invece rappresentano “solo” delle tessere di un mosaico molto più vasto e dai contorni non delimitabili. Ogni attività commerciale, dalla salumeria alla boutique, dal ristorante alla discoteca, dal cinema al teatro, dall’edicola alla farmacia e così via concorre all’offerta turistica, in maniera diretta o indiretta – il turista mangia e beve, si veste, esce per divertirsi, legge, ascolta musica, pratica sport, ha mal di testa ecc., svolge insomma tutte quelle attività per le quali occorrono gli esercizi commerciali, dal più piccolo al più grande. A questi vanno aggiunti tutti i professionisti (sia che prestino la loro opera all’interno delle strutture ricettive che all’esterno), i servizi pubblici, i beni culturali e le forze dell’ordine. Ora, sulla base della nostra pressoché totale vocazione turistica, è imprescindibile la considerazione di dover rendere le attività che ruotano intorno al turismo – quindi tutte – quanto meno stagionali possibile. Se infatti decenni come gli anni ’60 e ’70 ci hanno garantito un’eccellente crescita esponenziale, basata peraltro su parecchi mesi all’anno, i tempi successivi hanno visto un graduale restringimento dei periodi effettivamente produttivi. Le ragioni sono tante e di origini svariate, ma comunque i risultati sono inequivocabili. Allo stato attuale, Pasqua determina in modo assoluto l’inizio della stagione turistica, variando quindi di qualche settimana prima o dopo l’apertura della stragrande maggioranza delle strutture ricettive. Va detto che diversi alberghi 5 stelle da alcuni anni fissano sistematicamente l’apertura intorno alla metà di aprile (indipendentemente dalla Pasqua) e la chiusura durante la prima metà di ottobre, offrendo in pratica una stagionalità di appena 6 mesi. Si tratta comunque di un numero esiguo di alberghi, mentre la maggioranza si regola come già esposto. Lasciando per un attimo da parte la questione sulla giustezza dell’apertura in funzione delle festività pasquali, mi preme invece analizzare l’andamento medio dell’affluenza turistica ad Ischia. Tutti gli albergatori hanno ben presente la dolente nota del dopo-Pasqua, accentuato maggiormente nei casi in cui questa è “bassa”: si verifica in linea di massima almeno un mese di stallo, in cui le strutture riescono a mantenere a malapena un’occupazione del 50%, con conseguenze facilmente desumibili. Seguono poi i mesi di maggio e giugno, tradizionalmente positivi, che preludono tuttavia a luglio, considerato il mese estivo più scadente. Agosto significa ovviamente il pienone a tutti i livelli (con tutto ciò che questo purtroppo comporta a livello della qualità del vivere), mentre settembre lascia tutti soddisfatti e ottobre torna inesorabilmente ad essere un mese con il punto interrogativo. Questo andamento “a onde” produce non poche considerazioni: le ragioni alla sua base non sono ovviamente né di natura meteorologica né di disponibilità e operatività delle strutture ricettive o della comunità nel senso più ampio del termine. Si tratta invece di ragioni, a mio avviso, di natura culturale, sia da parte della domanda che dell’offerta. Ed è esattamente in questi segmenti, che bisogna cambiare la propria politica di marketing, per riuscire a riempire i solchi di “vuoto” che puntualmente si ripropongono. In questo senso, il turismo sociale rappresenta una risorsa quasi totalmente inesplorata nella nostra area. La sua genesi risale agli anni ’50, quando emerse come obiettivo di fruizione del turismo da parte delle classi sociali con difficoltà economiche, oppure svantaggiate dal punto di vista motorio o dall’età, (ma già durante il ventennio fascista erano nati i CRAL - Circoli Ricreativi Aziendali dei Lavoratori – che nei noti “sabati fascisti” trasportavano in modo autocratico i lavoratori in luoghi di svago), per poi rafforzarsi rapidamente a livello internazionale, fino alla costituzione, nel 1963, del BITS (Bureau International du Tourisme Social), a cui aderiscono tutti i più importanti organismi mondiali del turismo sociale, incluso il FITUS (Federazione Italiana Turismo Sociale). L’evoluzione del turismo sociale è stata costante e radicale, in quanto ha inglobato man mano sempre più ambiti professionali, pur restando fedele al suo nucleo più profondo, quello dello scopo di socializzazione, di cultura, di conoscenza delle realtà locali e al contempo di altre culture, religioni e visioni del mondo. Oggi i CRAL, i Dopolavoro e tutte le altre associazioni no-profit rappresentano una consolidata realtà, che produce flussi turistici caratterizzati dalla qualità e, fattore determinante, dalla costanza. Sebbene in Italia il turismo sociale non sia ancora molto presente su tutto il territorio, a livello internazionale costituisce invece un’importante fetta della Bilancia Turistica dei Pagamenti, con conseguenti alti profitti, non solo in senso economico, ma anche a livello culturale e sociale. L’Assessorato al Turismo, alla Cultura ed allo Spettacolo della Regione Campania ha pubblicato le “Linee guida: Azioni sperimentali per il turismo sociale in Campania”, manifestando così la ferma intenzione a dedicare a questo importante aspetto del più generale “turismo”, energie, investimenti e progetti mirati, facendo inoltre leva sull’assunto della Commissione delle Comunità Europee, secondo cui Il turismo sociale è una “conquista sociale irreversibile”. Il turismo, dunque, come diritto di TUTTI, anche di coloro che, per le ragioni più disparate, hanno difficoltà ad accedervi attraverso i canali “tradizionali”. I vantaggi che Ischia potrebbe trarne sono incredibilmente significativi: i citati, sistematici periodi di calo delle presenze verrebbero colmati, con un ritorno in termini economici, sociali e professionali. Nel centro e nel nord dell’Italia sono moltissime le aziende di tutte le dimensioni, che usufruiscono dei CRAL e dei Dopolavoro, che garantiscono a tutti i dipendenti un’organizzazione capillare del viaggio e del soggiorno in tante località in Italia e all’estero. Per mia esperienza diretta, posso affermare che si tratta di turisti con la T maiuscola, ma soprattutto che le convenzioni con i CRAL e i Dopolavoro producono stabilità dei flussi turistici e pongono molto spesso anche al riparo da comportamenti scorretti, non infrequenti nel mondo dei tour operator. I vantaggi da considerare sono molti, mentre obiettivamente non esistono svantaggi correlati direttamente al turismo sociale. Garantirsi quindi una presenza di turisti sociali nel proprio portafoglio-clienti è una strategia in grado non solo di produrre un’occupazione costante durante i mesi di calo di cui sopra, ma anche di programmare un’apertura molto più prolungata nell’arco dell’anno, se non addirittura lunga 12 mesi l’anno. La ricchezza economica e l’arricchimento culturale sarebbero in tal modo notevoli ed eviterebbero inoltre quei lunghi mesi di inattività invernale, a cui moltissimi dipendenti sono attualmente costretti, accrescendo il benessere della nostra comunità. Come attuare una politica volta al turismo sociale? Beh, l’aspetto straordinario è proprio questo: non occorrono grandi investimenti (tanto meno a rischio), ma solo una buona organizzazione e competenze. Se gli imprenditori possono adottare un approccio attraverso i canali del mailing, di internet e del contatto diretto, attraverso i quali proporre pacchetti e programmi ben strutturati, a tema – alcuni esempi? Enogastronomia, Arte, Cultura, Religione, Ambiente e molto altro – e volti a garantire soggiorni all’insegna della qualità del vivere (presupposti assolutamente attuabili), le amministrazioni comunali e provinciali possono giocare un ruolo determinante sia nel realizzare gemellaggi che avvicinino realtà locali più o meno distanti geograficamente, all’interno delle quali le componenti dedite ai viaggi entrerebbero in contatto diretto tra loro, che nel promuovere politiche sociali mirate alle manifestazioni, agli scambi culturali, all’incentivazione di viaggi e soggiorni in periodi considerati di bassa stagione e così via. Le associazioni di categoria degli albergatori, dei vettori e dei tour operator entrerebbero a loro volta in gioco, accanto alle pubbliche amministrazioni, nella promozione di una cultura nuova del turismo, consapevole delle forti potenzialità di cui siamo già dotati, che vanno doverosamente applicate anche nei tanti, troppi mesi in cui a tutt’oggi sono malinconicamente sottovalutate. Un razionale utilizzo del patrimonio esistente, insomma, affiancato da una nuova consapevolezza: ogni giorno di ogni mese di ogni anno in cui gli ospiti presenti nelle nostre strutture sono insufficienti, significa un giorno perduto. Estremamente utile sarebbe inoltre una certificazione di qualità, a garanzia di uno standard di servizi e organizzazione, che fungerebbe ovviamente anche da veicolo pubblicitario, così come viene già attuato da grandi tour operator esteri, i quali premiano, nell’ambito delle strutture a loro legate, quelle che, attraverso un dettagliato questionario e determinate verifiche, dimostrino di rispettare gli standard qualitativi richiesti. Lo strumento del questionario, che negli ultimi tempi sta facendo la sua timida comparsa sul nostro territorio, è purtroppo ancora sottovalutato dagli imprenditori locali, probabilmente perché rappresenta una sorta di “messa in discussione” del proprio agire professionale e viene quindi avvertito come rischioso, nel momento in cui mette in evidenza una qualche lacuna. Va invece considerato come un prezioso alleato nel costante processo di crescita dell’azienda, utile anche ad evidenziare problematiche altrimenti non riscontrabili o comunque trascurate. Riveste peraltro anche un’importanza psicologica, in quanto fa sentire il cliente molto considerato, gli riconosce un ruolo importante e significante, mette insomma “nero su bianco”. Disponendo quindi di una banca-dati aggiornata e vasta, si può procedere ad una analisi dettagliata di ogni aspetto della propria attività, elaborare preziose statistiche e, da entrambi, trarre irrinunciabili spunti e suggerimenti per le modifiche, le integrazioni e le nuove strategie di marketing da attuare sul breve e medio termine. Se dunque è legittimo rivolgere la nostra attenzione ai nuovi mercati prepotentemente emergenti (tenendo presente che necessiteremmo comunque di un’organizzazione e di infrastrutture, quindi di investimenti, enormi), è perlomeno doveroso tenere anche in giusta considerazione il patrimonio di cui già disponiamo, per cercare di farlo fruttare in modo continuativo, compatibile dal punto di vista ambientale e sensato, senza sprechi né dannosi “vuoti”, utili solo a frustrare la nostra creatività e fantasia, di cui siamo invece indubbiamente dotati.
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