Ischia: La fattoria degli animali, e il teatro entra nella scuola
Con l’auspicio che questa bella iniziativa possa fare da apripista ad altri istituti dell’isola e rendere sempre minore il divario scuola-vita. Al lettore frettoloso questa potrebbe sembrare la solita recensione della recita scolastica di fine anno, dove ai genitori luccicano gli occhi quando il proprio pargolo intona (o stona) una canzoncina dello Zecchino d’Oro o recita la poesia che gli fa promettere di essere sempre buono e ubbidiente (che pizza!).
Nulla a che vedere con questo. Parliamo di un evento di teatro amatoriale realizzato con grande passione e…inaspettate capacità. Sabato 10 giugno alle 21.00h, presso l’Istituto Buonocore di Cartaromana, si è svolta la rappresentazione teatrale liberamente ispirata a “La Fattoria degli Animali” di George Orwell, interpretata dagli alunni della V C e V D. Fautrici, autrici e realizzatrici dell’ambizioso progetto un pool di maestre ancora incredibilmente innamorate del proprio lavoro e soprattutto consce della gigantesca importanza che il loro ruolo ha nella formazione psico-sociale e culturale dei bambini. Maestre che innanzitutto sono in grado tutti i giorni di sentirsi loro stesse un po’ bambine e che riescono ad imprimere nei loro alunni non solo nozioni, regole, poesie e quant’altro (e già per questo molto meritevoli), ma anche l’importanza della conoscenza, il divertimento dello studio (sì, proprio così, non è un errore di digitazione), la passione per la scoperta e la consapevolezza che il proprio patrimonio culturale è l’unico di cui non si potrà essere privati neanche durante il peggior regime. È incredibile come siano riuscite - nel corso di studi fondamentale per ogni bambino, quale è la scuola primaria - a sintonizzarsi con i bambini senza annoiarli, culminando nella rappresentazione di sabato scorso che ha lasciato nel folto pubblico una sensazione così forte di positivo, di costruttivo, di divertente, di piacevole, di… artistico. Il progetto, concepito e scritto, immagino, già da tempo, è entrato nella prima fase attuativa all’incirca sei mesi fa, quando ciascun bambino ha comunicato ai genitori, con tanto di segretezza sui contenuti del lavoro, che sarebbe stato impegnato, proprio fino al 10 giugno, in prove tri-settimanali, che bisognava occuparsi dei costumi di scena, delle musiche, dei balli e dell’organizzazione. “E che sarà mai”, ci saremo detti tutti noi. Beh, ieri sera lo abbiamo capito: facevano molto ma molto sul serio. Una rappresentazione durata ben tre ore è “roba forte” per bambini di 10-11 anni (in scena praticamente sempre, a parte nei pochi minuti di cambio d’abito collettivo), terminata a mezzanotte in un tripudio di applausi sentiti e ammirati. Nulla è stato lasciato all’improvvisazione: dalle luci alla scenografia, dalla coreografia alla musica, dalla platea ai tecnici, dalla rivisitazione in chiave cosmopolita (dal napoletano, all’inglese allo spagnolo) del testo alla regia. I ragazzi hanno recitato sorprendentemente bene, si sono impaperati pochissimo, sono stati così disinvolti e soprattutto hanno fatto sul serio divertendosi. Eccolo, il messaggio-chiave trasmesso con successo dalle maestre: essere pienamente riuscite a far prendere molto sul serio ai ragazzi il loro ruolo, facendogli vivere un’esperienza che conserveranno gelosamente nei loro ricordi d’infanzia, a fargli assorbire intensamente il bello dello stare insieme, del credere in un progetto, del faticare per portarlo avanti e del gioire al termine della sua realizzazione. Tutti aspetti di cui potranno giovarsi nella loro vita, innamorandosi delle proprie passioni, credendoci fino in fondo, anche quando un cinico qualsiasi cercherà di dissuaderli con banali ma “proficue” argomentazioni, quando le inevitabili difficoltà della vita li costringeranno a scelte non facili. In quei momenti per loro sarà importante poter ricordare l’esperienza vissuta, le sensazioni provate, la gioia, la frenesia, la stanchezza alle gambe e la voce che va e viene, e poi di nuovo la passione, l’aiuto dato al compagno che ha dimenticato la parte, il microfono portato alla compagna che per l’emozione è quasi afona, la “febbre” dell’applauso, la piccola stecca sull’apertura a cappella, la forza di continuare a recitare, cantare, ballare, anche se ci sono inopportuni fuochi d’artificio che coprono le loro voci, la gratificazione del pubblico, la commozione del saluto alle maestre, compagne quotidiane per anni della loro piccola vita, l’atteggiamento “vissuto” e disinvolto con cui hanno accettato i complimenti e si sono fatti fotografare al termine dello spettacolo, la fame “speciale”, provocata da un impegno che aveva catturato loro ogni fibra muscolare, ogni neurone, ognuno dei propri sensi. Non dubitavo che i nostri bambini (opppss, speriamo non mi sentano, intendevo dire “ragazzi”) fossero così in gamba e per nulla “sudditi” della noia, della pigrizia, della passività, del “tanto me la cavo lo stesso anche senza impegno”, ma confesso che le maestre sono andate ben al di là delle mie aspettative, perché, se la loro preparazione non era in discussione, questo non significa che ci si aspettasse da loro un impegno, un sigillo per la vita, che hanno voluto donare ai loro alunni: “Fate, ragazzi, costruite, state insieme, appassionatevi, lottate, affrontate le delusioni, ricostruite, provate, riprovate, siate caparbi, non mollate, discutete, rispettatevi, entusiasmatevi, se cadete rialzatevi, seguite le vostre passioni, curatele, lasciatevi aiutare, date una mano, divertitevi, godetevi la vita, VIVETE”. Magari qualcuno dei nostri ragazzi attraverso “La Fattoria degli Animali” scoprirà di avere in sé il fuoco sacro dell’arte, qualcun altro si accorgerà di essere sempre più attratto dalla letteratura o dalla poesia, qualcun altro ancora percepirà un’emozione crescente quando ascolta la musica, in ogni caso, grazie a Clelia, Giuseppina, Marilisa ed Elisabetta. Perché le maestre come loro (per fortuna) restano, le schiacciasassi come la Moratti (per fortuna) passano.
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